manifesto dell'abitare
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Cameretta
Cameretta

Ciò che è opposto si concilia, dalle cose in contrasto nasce l’armonia più bella e tutto si genera per via di contesa.

Eraclito

Ciò che è opposto si concilia, dalle cose in contrasto nasce l’armonia più bella e tutto si genera per via di contesa.

Eraclito

«Il gioco è una cosa seria. Anzi, tremendamente seria», sosteneva lo scrittore e pedagogo tedesco Jean Paul. Attraverso il gioco, infatti, il bambino sviluppa non soltanto le sue capacità fisiche, ma anche intellettuali, immaginative ed empatiche, creando le basi della socialità e della sua futura realizzazione. Da un punto di vista antropologico, si ritiene che le dinamiche rituali connesse al gioco abbiano un’importante funzione di mantenimento della struttura sociale.

Giocare, poi, è anche un modo per esorcizzare ansie e paure, grazie a invincibili superpoteri o indistruttibili strumenti magici. Il gioco, inoltre, risponde a regole e dinamiche rituali che, come sottolineato dall’antropologo americano Rappaport, non identifica semplicemente che cosa è ‘sacro’, ma lo crea.

È quindi necessario progettare uno spazio specificamente dedicato al gioco dei bambini, luogo di scoperta e apprendimento, di espressione di sé e introspezione attraverso la creatività e la ribellione. Più che una stanza, la cameretta dei bambini rappresenta un luogo della mente fatto di colori, suoni, oggetti sparsi in un ordine caotico.

Gli unici confini che la delimitano sono quelli che vengono di volta in volta tracciati dai suoi occupanti, che possono trasformare questo spazio in un campo scoperto, in un regno infinito o in una minuscola navicella spaziale, ma anche nel proprio rifugio privato e inaccessibile, simbolo di ribellione dove scoprire ed esprimere se stessi. La cameretta si configura allora come uno spazio di definizione dell’identità, in continua evoluzione.

E se il bambino è naturalmente incline a riconoscere e rispettare la serietà del gioco, l’adulto ha spesso perso la capacità di giocare, di abbandonarsi alla creatività e alla fantasia, sepolte sotto una spessa coltre di pragmatico e cinico realismo. Diventa allora fondamentale ripensare uno spazio di gioco, una moderna cameretta dove anche gli adulti possono (ri)scoprire il valore del gioco e la relazione con quel ‘fanciullino’ capace di varcare i confini dell’immaginazione alla scoperta del futuro e – perché no – dell’impossibile.

«Il gioco è una cosa seria. Anzi, tremendamente seria», sosteneva lo scrittore e pedagogo tedesco Jean Paul. Attraverso il gioco, infatti, il bambino sviluppa non soltanto le sue capacità fisiche, ma anche intellettuali, immaginative ed empatiche, creando le basi della socialità e della sua futura realizzazione. Da un punto di vista antropologico, si ritiene che le dinamiche rituali connesse al gioco abbiano un’importante funzione di mantenimento della struttura sociale.

Giocare, poi, è anche un modo per esorcizzare ansie e paure, grazie a invincibili superpoteri o indistruttibili strumenti magici. Il gioco, inoltre, risponde a regole e dinamiche rituali che, come sottolineato dall’antropologo americano Rappaport, non identifica semplicemente che cosa è ‘sacro’, ma lo crea.

È quindi necessario progettare uno spazio specificamente dedicato al gioco dei bambini, luogo di scoperta e apprendimento, di espressione di sé e introspezione attraverso la creatività e la ribellione. Più che una stanza, la cameretta dei bambini rappresenta un luogo della mente fatto di colori, suoni, oggetti sparsi in un ordine caotico.

Gli unici confini che la delimitano sono quelli che vengono di volta in volta tracciati dai suoi occupanti, che possono trasformare questo spazio in un campo scoperto, in un regno infinito o in una minuscola navicella spaziale, ma anche nel proprio rifugio privato e inaccessibile, simbolo di ribellione dove scoprire ed esprimere se stessi. La cameretta si configura allora come uno spazio di definizione dell’identità, in continua evoluzione.

E se il bambino è naturalmente incline a riconoscere e rispettare la serietà del gioco, l’adulto ha spesso perso la capacità di giocare, di abbandonarsi alla creatività e alla fantasia, sepolte sotto una spessa coltre di pragmatico e cinico realismo. Diventa allora fondamentale ripensare uno spazio di gioco, una moderna cameretta dove anche gli adulti possono (ri)scoprire il valore del gioco e la relazione con quel ‘fanciullino’ capace di varcare i confini dell’immaginazione alla scoperta del futuro e – perché no – dell’impossibile.